Le foto di Incipit/tipicN1 sono di F. Martignoni
'Danza di piedi e polpacci sui fogli bianchi che
segnano la via per l’alta scala che diventa schermo per videoproiezioni, nell’unico lavoro che include una complessità di generi e humour alla Buscaglione, tra fumetti e cartofagia, siglato opera_di_polvere, da Milano.' (F. Campanella, Drammaturgia.it, Venezia) |
narrante di una partitura musicale che abbina trip-hop e drum&bass, techno e classica. Sara Catellani e Francesca Pellanda si esprimono con raffinata eleganza, in uno stile di contaminazione: il gesto coreutico è inizialmente sincopato e convulso, poi rigoroso e modulato, prima di sciogliersi in una serie di fluide spirali che conducono alla splendida immagine conclusiva (...) Le due danzatrici , in un susseguirsi di ambientazioni cangianti suggerite dal sapiente uso delle luci, danno vita all’ambivalenza fra fragilità ed energia che è propria della femminilità.’ (R. Maruti, La Provincia, Cremona) ‘...In una scenografia fatta di carta, i corpi delle danzatrici vibrano, si scompongono, si estendono e dialogano fra loro creando un crescendo di grande impatto emotivo. (...). Le luci e le istallazioni video sono un' estensione dei corpi delle danzatrici.’ 'Un certo malessere per una società dove si comunica poco e male, misto ad una voglia comunque di evasione e di leggerezza, sono i temi emersi dalla rassegna di giovani compagnie "Presente/ Futuro", organizzata dal Teatro Libero. (..). Buona creatività espressiva nella compagnia milanese Opera--di-polvere, in Incipit / Tipicn 1 di e con Sara Catellani e Francesca Pellanda: una suggestiva ricerca coreografica irride il profluvio di scrittura dilagante, dove si fagocita carta e si falsificano le relazioni interpersonali. ' |
'Sara Catellani con “Incipit/Tipicni” firma un lavoro pregevole e toccante degno di figurare in una prestigiosa Galleria d’Arte, lei interrompe l’ironia e ci porta altrove. La sua installazione è celata in un angolo remoto della spazio. E’ una lunghissima scala avvolta da un grande rotolone di carta bianca, denso e grondante di parole scritte con pennarello. E’ lei che da lì vi sbuca inaspettatamente e sale lentamente verso l’alto, trascinando con se le parole scritte (da buttare?) ma sopratutto il Suo corpo nudo liberato. Io l’interpreto come una censura finalmente giunta verso la cultura occidentale compiuto da una donna, che dalle parole, scritte e recitate, è stata per secoli soffocata.. ' (M. Loprieno, Milano) 'Ripercorrendo alcune caratteristiche dell’esperienza addirittura morfologica e che determina dinamiche nelle future “culture” relazionari tra i sessi, il Collettivo Opera di Polvere indaga una finzione pericolosa, destinata, una volta perduto il paradiso di ogni inizio, a produrre bruschi cortocircuiti. Sara Catellani e Francesca Pellanda, intense ed eleganti, vestono i panni di due forzature ridotte a una derivazione della favola di Cappuccetto Rosso. Le bambine-donne interagiscono in modalità carillon, segnando il loro percorso intorno a una casa di bambole, tendendo fili che diventano rete, nido e trappola, una serie di implicazioni difficili da negoziare e che attendono il loro riconoscimento senza enunciarlo. Luci e ombre sono sollecitate dalla qualità del movimento che Catellani e Pellanda non abbandonano, in barba a un minimalismo fin troppo prudente e che negli ultimi anni ha svuotato la scena di storie e derivati. In questa prospettiva, “Ni(ti)do” si impone con una sua generosità evidente frutto dell’incontro di due danzatrici ispirate, di formazione italiana ed estera. Due linguaggi coreografici e un obiettivo multidisciplinare che in “Ni(ti)do” si avvale del video di Francesco Domenico D’Auria e Walter Magri oltre alle scene di Massimo Corsini e Gabriele Bosio. La domanda che il Collettivo pone allo spettatore riguarda i luoghi e il tempo. “Cosa significa oggi, per una giovane donna, crearsi uno spazio sicuro?”, ed è una domanda che ha radici nella biografia, geograficamente movimentata, delle due giovani danzatrici da tempo proiettate lontano dai loro nidi d’origine, Francesca Pellanda è tra gli artisti italiani che vivono sotto il cielo di Berlino. Ma basti pensare al mestiere itinerante del performer per farsi un’idea di mobilità ancora diversa, e più invasiva, di quella cui il mondo del lavoro ha costretto l’ennesima generazione perduta di trentenni italiani. Il senso di “Ni(ti)do” non è lontano da questa dualità ontologica tra aspettative (indotte) e modi di vivere, adattamenti. (…) Due ricerche necessarie, insomma, due punti di vista intensi, dall’andamento irriverente e molto, molto coraggioso. (L. Ruggio, tg8action, Lecce) |
Le foto di Ni(ti)do sono di Giulia Fedel
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